Birra e diabete: effetti sulla glicemia e rischi metabolici

La birra è una delle bevande alcoliche più diffuse al mondo, ma il suo consumo pone interrogativi particolari per le persone con diabete.

Contenendo sia carboidrati (provenienti dal malto) sia alcol, la birra può influenzare la glicemia in modi complessi.

Di seguito analizziamo come il consumo di birra incide sui livelli di glucosio nel sangue, quali rischi metabolici comporta per i diabetici di tipo 1 e 2 e quali opzioni esistono per un consumo più sicuro (incluse birre a basso contenuto di carboidrati o formulate per diabetici).

Le informazioni riportate si basano su studi scientifici aggiornati, dati nutrizionali e linee guida cliniche ufficiali, con relative fonti indicate.

In questo post

Composizione nutrizionale della birra e indice glicemico

Una birra lager tipica contiene principalmente acqua, alcol (etanolo) e una quota di carboidrati derivati dai cereali utilizzati nella fermentazione.

Dal punto di vista calorico, 100 ml di birra forniscono circa 40-50 kcal, quasi interamente da carboidrati e alcol (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider).

I carboidrati totali in una birra chiara tradizionale sono intorno a 3–5 grammi per 100 ml (Contributors to dietary glycaemic index and glycaemic load in the Netherlands: the role of beer – PubMed) (circa 10–15 g di carboidrati per una porzione standard da 330 ml), anche se il contenuto può variare leggermente a seconda dello stile.

La maggior parte di questi carboidrati non sono zuccheri semplici ma destrine e maltodestrine residuali: nelle lager “ben fermentate” il residuo di zuccheri è molto basso, dell’ordine di ~0,3 g per 100 ml (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider).

Ciò significa che quasi tutti i carboidrati fermentabili (es.

maltosio) sono stati consumati dal lievito durante la fermentazione, lasciando pochi zuccheri semplici nel prodotto finale.

Nonostante il modesto tenore di carboidrati per volume, la birra ha un indice glicemico (IG) elevato.

Studi con metodologia standard hanno misurato per la birra lager un IG intorno a 90–100 (Contributors to dietary glycaemic index and glycaemic load in the Netherlands: the role of beer – PubMed) (Beer and Diabetes – Beer and Health), un valore paragonabile a quello del pane bianco o delle patate.

Questo IG alto è dovuto alla presenza di maltosio e carboidrati rapidamente assimilabili: il maltosio (lo “zucchero della birra”) ha infatti un IG stimato di circa 105, superiore a quello del glucosio puro ().

In altre parole, a parità di quantità di carboidrati, la birra può provocare un incremento rapido della glicemia.

Tuttavia, il carico glicemico (CG) di una singola porzione moderata di birra non è estremo, vista la quantità totale di carboidrati relativamente bassa.

Ad esempio, 250 ml di birra con ~7,5 g di carboidrati hanno un CG di circa 7–8 (Beer and Diabetes – Beer and Health), che è inferiore al CG di 250 ml di una bibita zuccherata comune (es.

soda, ~16) o di un contorno di patate (es.

150 g patate bollite, CG ~24) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Ciò significa che una lattina piccola di birra apporta meno carboidrati totali rispetto a molte altre fonti, pur avendo un IG elevato.

È importante distinguere tra birre alcoliche e birre analcoliche riguardo agli zuccheri.

Le birre tradizionali contengono quasi zero zuccheri semplici residui (spesso <1 g/L) (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider), mentre molte birre analcoliche possono presentare un contenuto di zucchero significativamente più alto.

Poiché nelle birre analcoliche il processo fermentativo è interrotto precocemente (per limitare l’etanolo), rimane un quantitativo maggiore di maltosio e altri zuccheri nel prodotto finito.

Di conseguenza, alcune birre analcoliche contengono anche 5–6 g di zucchero per 100 ml (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider).

In media, le analcoliche presentano circa 2 g di zuccheri per 100 ml (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider), ma i valori variano a seconda delle tecniche produttive (sono stati riscontrati da un minimo di ~0,8 g/100 ml fino a oltre 5 g/100 ml nelle analisi di vari campioni) (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider).

Questo equivale a ~10 g (fino a ~28 g nei casi peggiori) di zucchero per lattina da 330 ml (How Much Sugar Is in Beer?), avvicinando alcune birre analcoliche al contenuto zuccherino di un soft drink.

Pertanto, dal punto di vista nutrizionale le birre analcoliche non sono intrinsecamente “a basso impatto glicemico” – anzi, paradossalmente possono determinare carichi glicemici più alti rispetto alle birre normali, se non sono formulate appositamente per ridurre gli zuccheri.

Effetti del consumo di birra sulla glicemia

Impatto immediato sulla glicemia

Dopo il consumo di birra, i carboidrati in essa contenuti vengono assorbiti relativamente in fretta e possono causare un rapido aumento della glicemia.

In particolare, bevendo birra a stomaco vuoto, la glicemia post-prandiale può salire in modo simile a quanto avviene con altri alimenti ad alto indice glicemico come pane, cereali raffinati o patate (Beer and Diabetes – Beer and Health).

La presenza di maltosio e di carboidrati facilmente digeribili comporta infatti un picco glicemico abbastanza pronunciato.

Tuttavia, l’entità di questo picco dipende anche dalla quantità consumata e dal contesto: una singola birra (es.

330 ml) apporta in genere meno carboidrati di un pasto medio, dunque l’aumento glicemico assoluto può essere moderato se la porzione è limitata (vedi il concetto di carico glicemico).

Inoltre, se la birra viene assunta insieme ad altri alimenti, l’assorbimento degli zuccheri potrebbe risultare leggermente rallentato dalla presenza di proteine, grassi e fibre del pasto.

In condizioni realistiche di consumo durante un pasto, è stato osservato che l’assunzione di una bevanda alcolica può addirittura ridurre la glicemia post-prandiale complessiva del 16–37% rispetto allo stesso pasto senza alcol (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Ciò avviene perché l’alcol interferisce con la produzione endogena di glucosio da parte del fegato durante la fase post-prandiale tardiva, attenuando in parte il picco glicemico derivante dai carboidrati del pasto (Beer and Diabetes – Beer and Health).

In pratica, bere birra o vino insieme ai carboidrati di un pasto tende a smussare l’aumento della glicemia dopo quel pasto, rispetto a consumare i carboidrati da soli.

Questo meccanismo contribuisce a spiegare perché, nonostante l’IG elevato della birra misurato in isolamento, di per sé un consumo moderato di alcol sia stato associato a un minor rischio di sviluppare diabete di tipo 2 in studi epidemiologici (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Attenzione: questo effetto di riduzione del picco post-prandiale non significa che la birra “abbassi la glicemia” in senso generale, né tantomeno la rende un trattamento per il diabete.

Si tratta di un effetto acuto specifico dovuto all’alcol, che va compreso nel contesto adeguato e può diventare un’arma a doppio taglio, come descritto oltre.

Effetti dell’alcol e rischio di ipoglicemia

L’etanolo contenuto nella birra (e nelle altre bevande alcoliche) influisce sul metabolismo epatico del glucosio.

Il fegato ha il compito di mantenere stabile la glicemia tra i pasti rilasciando glucosio (proveniente dai depositi di glicogeno o dalla neoglucogenesi); tuttavia, quando l’alcol è presente nel sangue, il fegato dà precedenza al suo metabolismo (detossificazione) a scapito della produzione di glucosio (Alcohol and Diabetes | ADA) (Alcohol and Diabetes | ADA).

In altri termini, l’alcol “distrae” il fegato dalla regolazione glicemica.

Per le persone con diabete ciò può diventare pericoloso: dopo alcune ore dal consumo, soprattutto a stomaco vuoto, la glicemia può calare sensibilmente inducendo ipoglicemia (bassi livelli di zucchero nel sangue) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Questo effetto ipoglicemizzante tardivo dell’alcol è ben documentato in particolare nei pazienti in trattamento con insulina o con farmaci sulfaniluree (es.

glibenclamide, glipizide e analoghi che stimolano la secrezione pancreatica di insulina) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

In assenza di carboidrati alimentari disponibili (es.

se si beve alcol da solo o dopo molte ore dal pasto), l’insulina in circolo continua ad agire ma il fegato non rilascia più glucosio, e ciò può far precipitare la glicemia provocando una crisi ipoglicemica.

Questo rischio è maggiore diverse ore dopo l’assunzione di alcol, ad esempio durante la notte o al risveglio la mattina successiva a una bevuta.

Studi clinici su persone con diabete tipo 1 hanno evidenziato che un consumo moderato di alcol in serata può predisporre a ipoglicemie tardive, spesso manifestate nel corso della notte o al mattino seguente (Alcohol and Diabetes | ADA).

Inoltre, l’esercizio fisico svolto entro lo stesso arco di tempo può aumentare ulteriormente la sensibilità all’insulina e il consumo di glucosio, facilitando episodi ipoglicemici ore dopo il consumo di birra o altri alcolici (Alcohol and Diabetes | ADA).

Una complicazione aggiuntiva è che i sintomi dell’ipoglicemia (tremori, sudorazione fredda, confusione, linguaggio disarticolato, sonnolenza) possono essere scambiati per i segni di un’ubriachezza avanzata, rendendo difficile distinguere le due condizioni (Alcohol and Diabetes | ADA).

Ciò può ritardare i soccorsi appropriati, soprattutto se il paziente ha una ridotta consapevolezza delle ipoglicemie.

In casi estremi, un’ipoglicemia severa non riconosciuta può portare a convulsioni o perdita di coscienza.

Per questo motivo, i medici raccomandano vivamente di non consumare alcol da soli e a stomaco vuoto se si è in terapia con insulina o farmaci ipoglicemizzanti: è preferibile assumere la birra durante i pasti o accompagnata da uno spuntino contenente carboidrati, in modo da ridurre il rischio di cali glicemici successivi (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Implicazioni per il diabete di tipo 1

Nei soggetti con diabete di tipo 1, che dipendono da iniezioni di insulina o microinfusore, il consumo di birra richiede un attento bilanciamento.

Da un lato, bisogna conteggiare i carboidrati contenuti nella birra e coprirli adeguatamente con insulina (come si farebbe per qualsiasi altro carboidrato nella dieta) per prevenire iperglicemie immediate.

Ad esempio, una birra chiara da 330 ml con ~12 g di carboidrati potrebbe richiedere una piccola dose di insulina rapida; ignorare questi carboidrati porterebbe ad un picco glicemico post-prandiale.

D’altro canto, occorre considerare l’effetto ritardato dell’alcol: l’insulina somministrata per coprire la birra può agire pienamente proprio quando il fegato inizia a “spegnere i rubinetti” del glucosio, creando terreno fertile per un’ipoglicemia a distanza di qualche ora.

Chi ha il diabete di tipo 1 deve quindi calibrare la dose di insulina tenendo conto che la birra non si comporta come un normale alimento: alcune linee guida suggeriscono di ridurre leggermente la dose di insulina rapida per l’unità di birra o di consumare uno snack aggiuntivo prima di dormire, se si è bevuto alcol, per prevenire cali notturni.

In ogni caso, è fondamentale misurare la glicemia frequentemente nelle ore successive.

L’uso di sistemi di monitoraggio continuo del glucosio (CGM) con allarmi può offrire una sicurezza in più durante il sonno, segnalando eventuali ipoglicemie notturne.

Per quanto riguarda il controllo metabolico a lungo termine nei pazienti di tipo 1, un consumo occasionale e moderato di birra non sembra avere effetti negativi significativi sul controllo glicemico, a patto che il diabete sia ben gestito in generale.

Alcune evidenze anzi suggeriscono che chi consuma alcool in quantità moderata possa avere livelli di HbA1c leggermente più bassi rispetto agli astemi (Alcohol and Diabetes | ADA), probabilmente perché l’etanolo (in moderate dosi) può aumentare la sensibilità insulinica e ridurre i picchi glicemici post-prandiali (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Tuttavia, tali effetti benefici devono essere ponderati con cautela: non si incoraggia certo l’uso di alcol come strategia terapeutica, poiché i rischi (ipoglicemia, aumento di peso, ecc.) possono superare i vantaggi.

È importante sottolineare che un consumo elevato o cronico di birra è deleterio: negli individui con diabete tipo 1, l’abuso di alcol si associa a scarso controllo glicemico, maggior rischio di chetoacidosi, complicanze microvascolari aggravate (ad esempio neuropatia periferica da sommarsi alla neuropatia diabetica) e problemi psicosociali.

Anche solo per il contenuto calorico, diverse birre ogni giorno possono portare ad aumento di peso, fattore che peggiora la resistenza insulinica.

Pertanto, per il tipo 1 vale la regola: birra solo con estrema moderazione, mai a stomaco vuoto, e con attento autocontrollo glicemico.

Implicazioni per il diabete di tipo 2

Nel diabete di tipo 2, i principali problemi metabolici riguardano la resistenza insulinica, l’eccesso di peso e le alterazioni lipidiche, oltre alla gestione della glicemia.

Il consumo di birra può incidere su tutti questi aspetti.

Innanzitutto la birra apporta calorie extra (circa 150–200 kcal per una bottiglia da 0,5 L a seconda della gradazione), spesso definite “calorie vuote” poiché non accompagnate da nutrienti essenziali.

Un consumo regolare e abbondante di birra può contribuire all’aumento di peso e in particolare all’accumulo di grasso viscerale (il classico “girovita da birra”); ciò è attribuibile in parte all’azione dell’alta glicemia post-birra nel stimolare l’insulina e quindi la lipogenesi addominale ().

In soggetti predisposti, l’assunzione cronica di quantità elevate di birra può portare alla caratteristica “pancia da birra”, espressione di obesità viscerale che aggrava la resistenza all’insulina e il profilo metabolico ().

Inoltre, l’alcol in eccesso può alzare i livelli di trigliceridi nel sangue e favorire la steatosi epatica (fegato grasso), condizioni spesso già presenti nel diabete tipo 2 e strettamente legate all’insulino-resistenza.

D’altra parte, per i pazienti con diabete tipo 2 ben controllato e senza gravi comorbidità, il consumo molto moderato di birra (o altre bevande alcoliche) può non essere dannoso e in alcuni casi potrebbe avere effetti metabolici neutri o persino leggermente favorevoli.

Ricerche epidemiologiche hanno riportato che chi consuma alcol in quantità leggera-moderata tende ad avere un rischio minore di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto ai non bevitori (Beer and Diabetes – Beer and Health), con un effetto protettivo massimo intorno a 1-2 drink al giorno e un peggioramento del rischio con consumi maggiori.

Nei diabetici di tipo 2 già diagnosticati, alcune evidenze suggeriscono che l’assunzione fino a ~1-2 unità alcoliche al giorno (sempre con le dovute precauzioni) possa associarsi a migliore sensibilità insulinica e livelli di emoglobina glicata lievemente inferiori rispetto all’astinenza completa (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Ad esempio, in uno studio l’alcol <40 grammi/die (circa 3 bicchieri) era correlato a valori di HbA1c più bassi rispetto agli astemi (Beer and Diabetes – Beer and Health).

I meccanismi proposti includono l’aumento dell’adiponectina (un ormone antinfiammatorio che migliora la sensibilità all’insulina) indotto dall’alcol, l’aumento del colesterolo HDL e la riduzione dell’insulinemia a digiuno (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

È importante notare che questi potenziali benefici riguardano quantità molto moderate di alcol e non giustificano affatto l’inizio del consumo da parte di un astemio, né trascurano i possibili effetti negativi.

Se il consumo di birra diventa eccessivo, gli effetti sul diabete di tipo 2 sono decisamente negativi.

Un consumo elevato (più di 3 drink al giorno, o abbuffate alcoliche nel fine settimana) tende ad innalzare la glicemia media e la HbA1c (Alcohol and Diabetes | ADA), peggiorando il controllo del diabete.

L’alcol in grandi quantità può anche interferire con l’aderenza alla terapia e con le scelte alimentari: sentirsi “brilli” può portare a dimenticare di assumere farmaci o a mangiare cibi poco salutari in eccesso.

Inoltre, benché nel tipo 2 puro il rischio di ipoglicemia sia basso (specie se trattato solo con metformina o dieta), in caso di terapia con insulina o secretagoghi pancreatici il rischio di ipoglicemie da alcol vale anche per il tipo 2 e va tenuto in considerazione (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Molti soggetti con diabete tipo 2 assumono metformina: in questi pazienti, il consumo cronico di alcol può favorire un raro ma grave effetto collaterale chiamato acidosi lattica.

L’associazione di metformina e abuso di alcol aumenta il rischio di accumulo di acido lattico nel sangue, una condizione pericolosa per la vita (Metformin and Alcohol: Are They Safe to Mix?).

Per tale ragione, le indicazioni mediche suggeriscono estrema cautela: chi è in terapia con metformina dovrebbe evitare le bevute e limitarsi al massimo a un consumo moderato, assicurandosi di non assumere alcol in condizioni di digiuno o disidratazione, situazioni che aumentano la probabilità di acidosi.

In sintesi, nel diabete tipo 2 la birra può far parte eccezionalmente di uno stile di vita equilibrato solo se consumata saltuariamente in piccole quantità; diversamente, l’impatto negativo su peso, profilo lipidico e controllo glicemico finisce per annullare qualsiasi vantaggio.

Birre a basso contenuto di carboidrati e opzioni “per diabetici”

Viste le problematiche legate ai carboidrati della birra, l’industria ha introdotto sul mercato varie birre a basso contenuto di carboidrati (“low-carb”) o a ridotto tenore alcolico, rivolte anche a chi ha esigenze dietetiche particolari (diabetici, regimi chetogenici, etc.).

Le birre light commerciali contengono in genere meno malto fermentato e quindi meno carboidrati: ad esempio, una birra leggera può avere ~5–6 g di carboidrati per 355 ml, rispetto ai ~12–13 g di una birra standard di pari volume (How Much Sugar Is in Beer?).

Alcune “ultra-light” arrivano a ~2–3 g per lattina (How Much Sugar Is in Beer?).

Questa riduzione dei carboidrati implica un impatto glicemico minore: la glicemia post-consumo sale di meno e il carico glicemico è dimezzato rispetto a una birra normale.

Anche il contenuto calorico ne beneficia (spesso 80-100 kcal per bottiglia piccola, contro 140-150 kcal di una normale).

Va sottolineato però che “low-carb” non significa 0 carboidrati: il diabetico dovrà comunque considerarli nel computo giornaliero.

Inoltre, l’alcol è presente in queste birre in quantità simile (anzi, talvolta il volume alcolico viene mantenuto costante riducendo solo gli zuccheri) e quindi resta valido il rischio di ipoglicemia alcol-correlata se assunte da sole.

Un’altra categoria sono le birre “senza zucchero” o a indice glicemico ridotto, ottenute con tecnologie specifiche.

Ad esempio, alcuni birrifici artigianali producono birre in cui tutti gli zuccheri fermentabili sono trasformati, usando lieviti e enzimi speciali: si ottiene così una birra estremamente secca, con residuo di zuccheri <0,5 g per 100 ml (Caulier Tripel, birra sugar free per diabetici e non solo – Scatti di Gusto).

Un caso citato è quello di birre belghe come la Caulier a fermentazione completa, pensate storicamente per i diabetici, che vantano un contenuto di carboidrati molto basso (praticamente “sugar-free”) (Caulier Tripel, birra sugar free per diabetici e non solo – Scatti di Gusto).

Allo stesso modo, la recente moda delle “brut IPA” prevede l’uso di enzimi amilolitici per abbattere tutti gli zuccheri residui, producendo birre con corpo leggerissimo e pochissimi carboidrati residui.

Queste opzioni possono rappresentare una scelta migliore per chi tiene sotto controllo la glicemia, sebbene l’alcool in esse contenuto richieda comunque prudenza.

Discorso a parte meritano le birre analcoliche formulate per diabetici.

Abbiamo visto che le analcoliche standard spesso sono ricche di zuccheri, ma la ricerca sta cercando di ovviare a questo limite.

In uno studio clinico recente (2020) è stata sperimentata un’analcolica speciale a cui i birrai hanno modificato la composizione dei carboidrati: eliminando quasi completamente il maltosio e aggiungendo al suo posto isomaltulosio (uno zucchero a basso indice glicemico) e fibre solubili (destrine resistenti) (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed) (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed).

L’obiettivo era ottenere una birra analcolica dal gusto piacevole ma con assorbimento glucidico più lento e graduale.

I risultati sono stati promettenti: in pazienti con diabete tipo 2 in sovrappeso, il consumo quotidiano di ~660 ml di questa birra analcolica “modificata” per 10 settimane ha portato a un miglioramento della sensibilità insulinica (riduzione significativa dei livelli di insulina a digiuno e dell’indice HOMA-IR) rispetto a quando gli stessi pazienti consumavano una birra analcolica tradizionale (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed) (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed).

La glicemia media e l’emoglobina glicata non sono cambiate significativamente durante lo studio (il che è comunque positivo, considerando che l’apporto di 66 g di isomaltulosio al giorno era compensato da un assorbimento più lento) (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed).

Questo studio pilota suggerisce che è possibile produrre birre analcoliche più adatte ai diabetici, sfruttando carboidrati a lento rilascio per evitare sia i picchi glicemici post-prandiali che le ipoglicemie reattive.

Tali birre “a basso indice glicemico” non sono ancora diffuse commercialmente, ma potrebbero rappresentare una nicchia interessante in futuro.

In sintesi, per le persone con diabete che desiderano ogni tanto consumare birra, le alternative migliori sono: birre leggere a basso contenuto di carboidrati, porzioni piccole (es.

formato da 330 ml anziché pinte da 500 ml), oppure birre analcoliche solo se a basso tenore di zucchero (controllando etichette o informazioni nutrizionali, cercando quelle con <2-3 g di carboidrati per 100 ml).

In ogni caso, anche scegliendo birre “per diabetici”, non bisogna dimenticare che l’alcol etilico in sé comporta le precauzioni già discusse e che l’apporto calorico, seppur ridotto, è presente.

Interazioni tra alcol (birra) e farmaci ipoglicemizzanti

Le persone con diabete in terapia farmacologica devono considerare le potenziali interazioni tra il consumo di alcol e i loro farmaci.

Abbiamo già dettagliato l’interazione farmacodinamica con insulina e sulfaniluree, che può portare a ipoglicemia.

In pratica, l’alcol potenzia l’effetto di questi farmaci di abbassare la glicemia impedendo al fegato di compensare con il rilascio di glucosio (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Questo effetto non è un’interazione chimica diretta tra farmaco e alcol, ma una concomitanza di effetti: il farmaco abbassa la glicemia e il fegato non risponde perché impegnato a metabolizzare l’alcol.

Il risultato può essere un’ipoglicemia anche grave.

Per chi assume insulina o secretagoghi, è fondamentale quindi non saltare i pasti quando si beve birra, misurare frequentemente la glicemia e avere sempre a disposizione una fonte di glucosio (es.

compresse di destrosio) in caso di necessità (Alcohol and Diabetes | ADA) (Alcohol and Diabetes | ADA).

Un’interazione diversa riguarda la metformina, il farmaco orale di prima linea per il diabete tipo 2.

La metformina di per sé raramente causa ipoglicemia e non avrebbe interazioni acute con l’alcol sul piano glicemico; tuttavia, l’associazione con alcol eccessivo può scatenare la già menzionata acidosi lattica.

L’alcol, metabolizzato a lattato, tende ad aumentare i livelli di acido lattico nel sangue; la metformina, in rarissimi casi, può interferire con la capacità epatica di smaltire il lattato.

L’uso cronico di alcol o le abbuffate alcoliche in pazienti in metformina possono precipitare un accumulo di lattato, con rischio di acidosi metabolica grave (Metformin and Alcohol: Are They Safe to Mix?).

Sebbene questa condizione (acidosi lattica da metformina) sia fortunatamente rara, è molto pericolosa e spesso fatale se non trattata d’urgenza.

I sintomi includono debolezza, respiro accelerato, dolori muscolari, malessere e confusione (Metformin and Alcohol: Are They Safe to Mix?).

Per questo motivo si raccomanda ai pazienti in terapia metforminica di limitare fortemente l’assunzione di alcol, evitando del tutto gli eccessi.

In pratica, un brindisi occasionale o una birra piccola ogni tanto sono compatibili con la metformina, ma bere più bicchieri di birra in una sera o assumere alcol regolarmente in grandi quantità non lo è.

Altri farmaci per il diabete presentano meno interazioni specifiche con l’alcol, ma vanno comunque menzionati: le nuove terapie come gli inibitori SGLT2, i GLP-1 agonisti, gli inibitori DPP-4 generalmente non causano ipoglicemia da sole, quindi l’alcol non ne aumenta direttamente il rischio di ipoglicemia.

Ciò non significa che si possa eccedere: l’alcol può accentuare alcuni effetti collaterali (ad esempio nausea con GLP-1 agonisti) e, in caso di scarso controllo glicemico, il consumo di birra potrebbe peggiorare una condizione di disidratazione o favorire squilibri elettrolitici.

Per i pazienti in terapia con inibitori SGLT2 (es.

dapagliflozin, empagliflozin), va ricordato che l’alcol è diuretico e può aumentare la diuresi: la combinazione di diuresi elevata, alcol e possibile iperglicemia potrebbe teoricamente aumentare il rischio di chetoacidosi euglicemica, un raro effetto collaterale di questi farmaci.

Anche se questo rischio non è ben quantificato, è prudente che i pazienti in terapia con SGLT2 evitino disidratazione e prestino attenzione al consumo di alcol.

Consumo moderato: linee guida e suggerimenti pratici

Le linee guida internazionali sul consumo di alcol per la popolazione generale valgono sostanzialmente anche per le persone con diabete (Beer and Diabetes – Beer and Health).

In sintesi, il consumo dovrebbe essere moderato e possibilmente non quotidiano.

Le raccomandazioni più comuni indicano un massimo di 1 unità alcolica al giorno per le donne e 2 unità alcoliche per gli uomini, con almeno due giorni alla settimana senza alcol (Alcohol and diabetes | Managing your diabetes).

Un’unità alcolica corrisponde grossomodo a 330 ml di birra (una lattina piccola) di gradazione standard (4-5% vol).

Oltre a questa quantità, i potenziali danni superano i benefici anche nei non diabetici.

Nel caso del diabete, attenersi alla moderazione è ancora più importante.

“Moderazione” significa, ad esempio, limitarsi a 1 birra piccola con la cena e non consumarla tutte le sere.

Evitare assolutamente le abbuffate di birra nel fine settimana: il cosiddetto binge drinking (bere molte unità in poche ore) è pericoloso per chiunque, ma ancor più per una persona con diabete a causa del combinarsi di iperglicemia iniziale, disidratazione e rischio di ipoglicemia successiva.

Al di là della quantità, alcuni suggerimenti pratici possono rendere più sicuro il consumo di birra nei diabetici:

  • Non bere a stomaco vuoto. Assumere la birra durante i pasti o accompagnata da uno spuntino contenente carboidrati a lento assorbimento (es.

    pane integrale, frutta secca) aiuta a prevenire bruschi cali glicemici più tardi (Beer and Diabetes – Beer and Health).

    Bisogna evitare di bere alcolici quando la glicemia è già bassa: se il livello di glucosio è <100 mg/dl, è prudente fare prima uno spuntino.

    (Diabetes and alcohol: MedlinePlus Medical Encyclopedia)

  • Monitorare frequentemente la glicemia. Chi utilizza insulina dovrebbe controllare la glicemia prima di bere, 1-2 ore dopo, e nuovamente prima di dormire, nonché nelle ore successive se avverte sintomi anomali.

    È consigliabile, la sera dopo aver bevuto, impostare una sveglia o un controllo glicemico notturno (oppure assicurarsi che il sensore glicemico sia attivo e con allarmi sonori).

    Meglio glicemie un po’ più alte del target durante la notte che rischiare un’ipoglicemia imprevedibile.

  • Tenere a portata di mano una fonte di zuccheri di emergenza. Sempre importante per chi ha diabete, diventa cruciale se si consuma alcol.

    Glucosio in compresse o gel, succhi di frutta o zucchero sono strumenti di pronto intervento in caso di segni di ipoglicemia.

  • Indossare un’identificazione medica. Un braccialetto o tesserino che indichi “Diabete” può aiutare i soccorritori a riconoscere che sintomi simili all’ebbrezza potrebbero in realtà essere una crisi ipoglicemica, consentendo un trattamento adeguato più rapido.

  • Evitare birre molto alcoliche o molto zuccherine. Le birre “doppio malto” ad alta gradazione (8-10% vol) oltre ad avere più alcol (e quindi maggior impatto sul fegato) spesso contengono più carboidrati residui.

    Analogamente, cocktail a base di birra e succhi/zuccheri (es.

    radler con limonata zuccherata) aggiungono carboidrati extra rapidi: meglio evitarli o considerare attentamente gli zuccheri aggiuntivi.

  • Fare attenzione all’attività fisica. Se si programma esercizio intenso (es.

    sport) nella stessa giornata di consumo di birra, occorre valutare l’aggiustamento delle terapie: sia l’alcol sia l’esercizio aumentano il rischio di ipoglicemia fino a diverse ore dopo.

    Potrebbe essere necessario diminuire le dosi di insulina in bolo o basale, o assumere carboidrati aggiuntivi a lento rilascio prima di dormire, in accordo con le linee guida sul management dell’esercizio nel diabete di tipo 1.

  • Consultare il proprio medico. Ogni persona reagisce in modo diverso all’alcol e alla birra.

    È bene parlare col diabetologo o nutrizionista di fiducia riguardo al consumo di alcol: il medico può fornire indicazioni personalizzate basate sul quadro clinico, sui farmaci assunti e sul controllo metabolico individuale.

In definitiva, la birra può essere consumata (in quantità modeste) anche da persone con diabete, ma richiede consapevolezza e moderazione.

Le linee guida non proibiscono l’alcol ai diabetici, ribadendo però che va seguito lo stesso limite valido per la popolazione generale e che occorre prestare attenzione alle possibili ipoglicemie (Beer and Diabetes – Beer and Health).

Per molti pazienti, la scelta più sicura potrebbe essere preferire alternative come le birre “alcol free” a basso tenore di zuccheri (se disponibili) o rinunciare del tutto, specialmente se il controllo glicemico è instabile.

Conclusioni

Il rapporto tra birra e diabete è complesso ma gestibile con informazione corretta.

La birra apporta carboidrati a rapido assorbimento e alcol, entrambi fattori che influenzano la glicemia: inizialmente può indurre iperglicemia, seguita da un potenziale effetto ipoglicemizzante ritardato dovuto all’etanolo.

Per i diabetici di tipo 1 il pericolo maggiore è l’ipoglicemia post-alcol, mentre per i tipo 2 prevalgono i rischi di scompenso metabolico (peggioramento di peso, lipidi e controllo glicemico) se il consumo è eccessivo.

In entrambi i casi, un consumo moderato e responsabile, inserito in uno stile di vita salutare, è compatibile con un buon controllo della malattia: la birra non è proibita, ma va “dosata” come un lusso occasionale e sempre con le dovute precauzioni.

Sono disponibili birre a basso contenuto di carboidrati e si stanno studiando formule speciali a basso indice glicemico per venire incontro alle esigenze dei diabetici.

Rimane imprescindibile il dialogo col proprio medico e l’aderenza alle linee guida: moderazione, mai a stomaco vuoto, monitoraggio glicemico attento e conoscenza dei propri limiti.

Così facendo, anche chi convive con il diabete può brindare con una birra ogni tanto in sicurezza.

Fonti e Riferimenti Bibliografici

  1. Sluik D.

    et al. “Contributors to dietary glycaemic index and glycaemic load in the Netherlands: the role of beer.” Br J Nutr. 2016;115(7):1218-1225.

    DOI: 10.1017/S0007114516000052 (Contributors to dietary glycaemic index and glycaemic load in the Netherlands: the role of beer – PubMed) (Contributors to dietary glycaemic index and glycaemic load in the Netherlands: the role of beer – PubMed)

  2. American Diabetes Association. “Alcohol and Diabetes.” ADA Health & Wellness, 2021.

    Disponibile online: diabetes.org (Alcohol and Diabetes | ADA) (Alcohol and Diabetes | ADA)

  3. Beer and Health: Beer and Diabetes. (Sito informativo scientifico finanziato dall’European Scientific Beverage Forum).

    Sezione “Beer: High glycaemic index versus low diabetes risk”.

    Ultimo accesso 2025 (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health)

  4. Agatston A. “The South Beach Diet.” Random House, 2003.

    Citazioni sul maltosio e indice glicemico della birra () ().

  5. Mateo-Gallego R.

    et al. “Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity.” Clin Nutr. 2020;39(2):475-483.

    DOI: 10.1016/j.clnu.2019.02.025 (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed) (Effect of an alcohol-free beer enriched with isomaltulose and a resistant dextrin on insulin resistance in diabetic patients with overweight or obesity – PubMed)

  6. Olšovská J.

    et al. “Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider.” Kvasny Prumysl. 2019; 65(1): 26-38.

    (Studio sulla composizione della birra) (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider) (Nutritional composition and energy value of different types of beer and cider)

  7. Healthline. “How Much Sugar Is in Beer?” Healthline Media, agg.

    2019.

    Dati sul contenuto in carboidrati e zuccheri di varie birre (How Much Sugar Is in Beer?) (How Much Sugar Is in Beer?).

  8. Baliunas D.

    et al. “Alcohol as a Risk Factor for Type 2 Diabetes: A systematic review and meta-analysis.” Diabetes Care. 2009;32(11):2123-2132.

    (Relazione dose-risposta tra alcool e rischio diabete) (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

  9. Beer and Health: Mechanisms – Glycemic Control. Discussione sui meccanismi mediante i quali l’alcol può influire sulla sensibilità insulinica e HbA1c (Beer and Diabetes – Beer and Health) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

  10. Kalaria A.

    et al. “Literature review: drug and alcohol-induced hypoglycaemia.” J Lab Precis Med. 2018;3:95.

    (Revisione su ipoglicemie indotte da farmaci e alcol) (Beer and Diabetes – Beer and Health).

  11. Diabetes UK. “Alcohol and Diabetes – Managing Your Diabetes.” Diabetes.org.uk, 2023.

    (Linee guida sul consumo di alcol nel diabete) (Alcohol and diabetes | Managing your diabetes) (Diabetes and alcohol: MedlinePlus Medical Encyclopedia).

  12. Healthline. “Is It Safe to Mix Metformin and Alcohol?” Healthline Media, Rev.

    Sep 2023.

    (Rischi di interazione tra metformina e alcol, inclusa acidosi lattica) (Metformin and Alcohol: Are They Safe to Mix?).

(Le fonti sopra includono articoli peer-reviewed, linee guida dell’ADA e di associazioni diabetologiche, nonché database nutrizionali.

I riferimenti in corsivo nel testo – es.

(Alcohol and Diabetes | ADA) – rimandano ai passaggi specifici delle fonti originali).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *